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Roberto Venturi

SIRENE CON IL MAL DI GOLA

IL LIBRO

SIRENE CON IL MAL DI GOLA

THE REAL STORY

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"Sirene con il mal di gola" è un romanzo che sperimenta una fusione tra il linguaggio della narrativa ed il linguaggio del cinema, in una storia visionaria che si svolge sul mare, scenario archetipico e protagonista occulto, centrata sul rapporto tra gli uomini e la natura femminile. Tutto diventa metafora esistenziale, per evidenziare i paradossi che ci sfuggono. Cosa accade quando siamo costretti a non credere più alla nostra realtà? A mettere in discussione le certezze sulla vita?

 

Un peschereccio tira su nella rete una donna, completamente nuda, che si agita. Da qui inizieranno sbalzi lungo la linea del tempo e si creeranno situazioni fuori dall'ordinario. Nella storia sono coinvolti sei pescatori, che prima facevano un altro mestiere di alto profilo; l'equipaggio di una motovedetta della Guardia Costiera; l'equipe medica di una Unità Sanitaria. I pescatori sono sospettati di contagio tossico, in conseguenza a fatti strani avvenuti dopo il recupero della donna. Si cercherà la causa di questo contagio e si scoprirà che questo non è di carattere materiale o fisico. Qualcosa sta accadendo, qualcosa che sembra sia la donna, che non parla, a far accadere e che obbliga a trasformare la concezione della realtà interiore ed esteriore. Gli uomini, loro malgrado, saranno costretti a cambiare prospettiva per comprendere gli accadimenti. Se si comprende si incontra la vita, là dove l'invisibile diventa realtà e dove si fa la scoperta di ciò che vediamo da sempre, in una dimensione zero della coscienza. Alla fine, i protagonisti avranno in premio la vita.

Formato cartaceo € 8,99

Formato ebook € 3,49

VIDEO

Book trailer con commenti della critica più o meno ufficiale

Book trailer di presentazione del romanzo con indicazioni sulla trama

Book trailer di introduzione esistenziale al romanzo

BIO

Roberto Venturi scrive sceneggiature per fiction e video pubblicitari. Laureato in Storia della Critica Letteraria, è autore di due romanzi, “Il colpo scuro” (2008) e “La cavalcata del Bruco” (2010), pubblicati in copie numerate con opere d’artista. Ha diretto la galleria d’arte internazionale Container, a Firenze, che nel suo sviluppo è diventato l’omonimo Centro di Cultura Contemporanea, uno spazio di 700 metri quadri in cui sono stati organizzati eventi dedicati all’arte visiva, al cinema, alla musica, al teatro, alla poesia, ai temi sociali. Vive in un piccolo borgo nella campagna fiorentina.

C'è ancora margine per la sperimentazione? C'è necessità di sperimentare oggi? Non so se sperimentare sia una richiesta del pubblico o una necessità dell'artista, ma so che l'arte è una ricerca costante, è un linguaggio che si esprime attraverso il superamento di ciò che esiste, di ciò che è conosciuto e convenzionale. Se l'arte, oggi, non coincide con il marketing, è il marketing che avrebbe il compito di scoprire nuove forme di espressione. Non abbiate paura, esprimetevi senza usare parole di altri e cercate chi propone forme sperimentali di arte, perché tutto è nato da una sperimentazione, compreso il primo bacio.

ESTRATTI DAL ROMANZO

Capitolo 1

Come la religione ha condizionato la nostra vita e come (forse) se ne può uscire

 

Era rimasta impigliata nella rete. Era completamente nuda, sì, nuda, credimi. Si agitava, si agitava, lì a mezz'aria, dentro la rete che stavamo tirando a bordo. Noi siamo rimasti impietriti. Non sapevamo cosa fare, lì per lì. Certo, di logica avremmo dovuto tirarla giù sul peschereccio, ma non lo stavamo facendo. Stavamo lì ad osservarla agitarsi, la sorpesa era stata troppo grande. Chi ha mai pescato una donna in una rete? Una donna viva, non un corpo che ci è rimasto impigliato. Insomma, rimanemmo lì a guardare, quasi spaventati, mentre lei continuava a contorcersi. Filippo finalmente si mosse e la strinse tra le braccia come per impedirle di fuggire, di strappare la rete, perché quello stava cercando di fare, stava aprendo le maglie con le sue mani. Mani, non so se si potessero chiamare così, però somigliavano molto a delle mani. Avevano un palmo molto largo, ma dita sottili e con quelle cercava di strappare la rete. Filippo la teneva stretta e urlava verso di noi perché lo aiutassimo.

Tirreno occidentale. Una mattina nuvolosa di Aprile, a bordo di un peschereccio. L'equipaggio di sei pescatori è intorno ad una rete sollevata tra il parapetto ed il mare, mentre viene tirata a bordo. Uno degli uomini dell'equipaggio è avvinghiato al contenuto della rete. Nella rete un corpo nudo si muove, scalcia, soffocato dalla stretta dell'uomo dell'equipaggio che tenta di trattenerlo e portarlo all'interno del peschereccio.

“Ma allora? Mi volete aiutare o no? Questa ha una forza terribile. Guardate come scalcia.”

Il corpo d'un tratto si immobilizza, quasi come per prendere fiato. Continua a restare immobile. L'uomo che la stringe, preso alla sprovvista, realizza finalmente che il corpo non si muove più. Dopo un attimo di disorientamento, l'uomo guarda quello che c'è dentro la rete con più attenzione. E' proprio un corpo femminile e completamente nudo. Anche gli altri uomini dell'equipaggio si avvicinano alla rete, al corpo tenuto tra le braccia dal loro compagno. Tutti guardano, stupiti, incuriositi, timorosi.

“Ma è bellissima!”

La donna ha gli occhi sgranati, lo sguardo profondo. Osserva tutti.

“Guardate, ha paura.”

Qualcuno prende l'iniziativa e la tocca, la carezza.

“Avete sentito la sua pelle? E' parecchio fredda ed è dura.”

“Ma è una donna?”

“Una donna? Si … è una donna … una donna un po' strana.”

“Chiediamole come si chiama.”

“Avrà freddo.”

“Senti, cosa ti è successo?”

Tutto questo succede mentre la misteriosa donna si trova nella rete ancora a mezz'aria.

“Non risponde. Forse non parla la nostra lingua.”

“Non avere paura, non ti vogliamo fare del male.”

“Ma se non parla la nostra lingua mica ti capisce. Che gli dici di non avere paura?”

“Ma magari sente l'energia. Le parole hanno un'energia, no?”

Gli uomini carezzano la donna in varie parti del corpo, come si fa per capire com'è fatto un oggetto sconosciuto. La carezzano, la toccano, la guardano, ma con un certo timore. Sembra che non la riconoscano come proprio simile.

La guardavamo e la toccavamo come fosse un oggetto misterioso da scoprire. Mi faceva tenerezza vederla così nuda, imbrigliata in una rete che le impediva la libertà, davanti agli sguardi di sei uomini sconosciuti. Ma poi perché era nuda? Perché non era morta di freddo dentro l'acqua del mare? Era aprile, era il 5 di aprile. Nella zona dove eravamo mica era ancora calda l'acqua di quei tempi. Finalmente ci sbloccammo dalla paralisi collettiva. L'avevamo solo guardata o toccata appena con le mani. Decidemmo di tirarla fuori dalla rete. Certo, che ci stava a fare lì dentro, mica era un pesce, era un essere umano. Un essere umano, però qualcuno di noi sentivo che istintivamente aveva qualche dubbio. Troppi elementi che non tornavano, che la facevano differente. La resistenza al freddo dell'acqua, la pelle dura, poi quelle mani, quelle mani palmate, direi, sì palmate. Poi anche lei ci guardava, con quegli occhi grigi, intensi, impauriti, come se noi non fossimo esseri umani ma animali predatori. Oppure come se fossimo esseri umani crudeli, da cui scappare. Forse era sotto shock, forse era stata violentata su una nave e gettata in mare .

All'improvviso, il corpo ricomincia a muoversi, ad agitarsi violentemente, con la volontà di liberarsi dalla presa degli uomini e dalla stretta della rete. Nessuno se lo sarebbe aspettato. Due uomini, per il contraccolpo, perdono l'equilibrio e cadono. Questo gesto prende alla sprovvista tutti. La stretta su di lei si era già allentata, quando gli uomini l'avevano sentita calma e la stavano osservando. Questo le permette di strappare la rete velocemente. Il corpo ricade in mare, non con movimenti sconnessi, ma con un tuffo elegante. Poi scompare sott'acqua e non riemerge più.

“Ma … ma che è successo? E' affogata?”

“Con quel tuffo che ha fatto non mi pare sia una che affoghi perché non sa nuotare.”

“E allora dov'è?”

“Sentite, e se fosse una Sirena?”

“Una Sirena? Ma dai, sei scemo? Mica esistono.”

“Eppoi le Sirene hanno la coda di pesce. Lei aveva le gambe.”

“Ma tu l'hai mai vista una Sirena?”

“Io? No, certo ...”

“E allora cosa ne sai di come sono fatte?”

“So quello che si sa.”

“Si, d'accordo ... quante chiacchiere inutili che state facendo. Quella sarà annegata perché era messa male, non lo avete visto?”

“A me non pareva messa tanto male, aveva una forza!”

“Ma lo sguardo? Lo hai visto? Una con quello sguardo è alla fine della sua esistenza. E' una che sta vedendo la Morte con quegli occhi lì.”

“Ma perché non l'abbiamo tirata subito a bordo?”

Non la tirammo subito a bordo e questo fu il motivo per cui lei ebbe la possibilità di rituffarsi in mare. Era lì che voleva tornare, non lo volemmo capire subito. Vedevamo una donna impigliata in una rete e abbiamo dato per scontato che sarebbe stato meglio per lei restare con i suoi simili. Simili ... si dice così, ma tu lo sai veramente cosa significa simili? Chi sono i tuoi simili? Si, eravamo apparentemente simili, forse simili come sconosciuti. Essere apparentemente simili non significa per questo che ci si possa riconoscere. Già, riconoscere. Forse è proprio attraverso il fatto che ci riconosciamo che poi ci sentiamo simili, non trovi?

Tornare fra le braccia del mare, mare padre, mare madre, un abisso che accoglie e trasporta in dimensioni diverse. Era tornata a casa o era fuggita da casa? Quali simili avrebbe incontrato nel mare? Eppoi noi, quanto siamo simili agli altri, quanto siamo vicini alla similitudine del Mondo?

Conoscersi non basta, bisogna farlo ogni volta che ci incontriamo, bisogna conoscersi di nuovo, ogni volta, perché ogni volta noi non siamo noi, siamo altro da noi, qualcosa simile a noi, ma non noi, poiché ogni giorno tutto muta, e per orientarci abbiamo bisogno di riconoscere, ogni giorno noi riconosciamo il Mondo e con lui gli esseri. Chi non riconosce è perduto, è fuori dalla dimensione condivisa, come i malati celebrali. Il riconoscimento ci fa restare attaccati a questa dimensione.

Dopo che la donna si fu gettata di nuovo in mare, con quel tuffo plastico, noi rimanemmo lì impalati, quasi imbambolati, sofferenti come un bambino a cui viene tolto il giocattolo. Si, proprio come bambini. Non credi che alla fine i sentimenti più profondi o sconvolgenti li proviamo con l'animo di un bambino? Eravamo sei, quattro intorno alla cinquantina e due più giovani, che avevano superato la trentina da poco, ma tacitamente ci sentimmo tutti come bambini, in quel momento.

La tirammo fuori dalla rete. Adesso la potevamo vedere meglio nelle sue fattezze, lì sdraiata sul ponte. Era abbastanza lunga in quella posizione, doveva essere alta almeno un metro e settantacinque. Spalle grandi, somigliavano proprio a quelle di una nuotatrice. Capelli non molto lunghi. Muscoli ben visibili, cosce tornite.

Marco le carezzava il volto, delicatamente, un volto umido, salmastro, bagnato ancora dall'acqua di mare. La donna non accennava a riprendersi. Aveva gli occhi chiusi, il corpo abbandonato che non reagiva alle sollecitazioni che le facevamo per farla svegliare. Era, però, bellissimo guardarla così nuda ed abbandonata, come un corpo che si affida ad un altro, un'energia che si affida ad un'altra, o a tante altre, che lì gli stanno intorno per darle il loro amore. Si, era amore, al fondo, quello che stava attraversando i nostri corpi. Io sentivo l'amore di tutti, quell'amore che non ha sesso, solo unità di intenti e di passione.

Di solito noi abbiamo già la risposta pronta del nostro corpo ogni volta che si è nell'amore, una risposta che conosciamo. Forse, però, l'amore non lo possiamo conoscere mai prima, solo durante, mentre, eppoi più, neanche nel dopo lo possiamo conoscere. E perché questo? Perché l'amore è l'istante e l'istante è l'infinito. E così l'amore è infinito, l'amore non si esaurisce perché non nasce e non muore, l'amore è sempre, ed è sempre mentre noi siamo distratti. Lì incontriamo l'amore, quando siamo distratti, quando non abbiamo punti di riferimento che ci condizionano o ci ricordano come funzionano i vari momenti della vita. L'amore è nella distrazione, nell'attimo di distrazione, nell'attimo, unico momento in cui ci possiamo distrarre, in cui non controlliamo ma viviamo istintivamente.

Eravamo tutti distratti, sul ponte del peschereccio, distratti dall'incombenza delle regole della vita. Sentivamo che le regole non avevano più potere su di noi da quando rivedemmo la donna nella rete. Tutto era saltato, saltato come in una catastrofe, come in una sciagura, oppure come in un orgasmo, quell'attimo infinito al di fuori del tempo, in cui non esistono regole, solo la percezione del piacere di vivere e di essere immortali.

“Non reagisce. Proviamo a tirarla su. Teniamola in piedi”

“Va bene, dai, solleviamola.”

“Ma perché? Mica è sbronza. Guardate che questa sta male sul serio.”

“Ma no, se ha avuto la forza di strappare la rete e gettarsi di nuovo in mare ...”.

“E questo quando?”
“Come quando? Prima, no? Non c'eri anche tu?”

“Si, c'ero, ma prima quando? Quando è stato prima? Se fosse stato, lei non sarebbe qui così, adesso.”

“Non ha tutti i torti. Forse ora è un altro ora. Forse ora è una dimensione parallela ...”

“Si, va bene, ne parliamo dopo, non ora. Ora cerchiamo di capire come fare a rianimarla.”

“Sta troppo male, ve l'ho detto, non credo ci possiamo riuscire. Magari, davvero, è meglio farla vedere all'Unità Sanitaria quando sarà qui.”

“Cazzo, no, non è possibile! Bisogna rianimarla ...”

“Filippo, ma che stai facendo?”

“Non lo vedi? La sta baciando … e sulla bocca, pure.”

“No, le sta facendo la respirazione bocca a bocca.”

“Ma quale respirazione, quello è un bacio vero e proprio. Non lo sai più distinguere?”

Fu così, fu proprio così. Filippo sembrava davvero disperato nel volerla rianimare, nel volerla svegliare, nel farle riaprire gli occhi a tutti i costi, riprendere i sensi. Gli venne istintivo di baciarla con forza, di stringerla a sé e baciarla, come se la forza del bacio avesse potuto infondere forza al suo corpo inanimato. Filippo era lì, che cercava di tenere in piedi la donna stringendola tra le braccia. La baciava ripetutamente. Non credo fosse stato un gesto di libidine, credo piuttosto che si trattasse di un atto d'amore inconsapevole, quell'amore che scaturisce dalla nostra incoscienza, un amore nato senza pensare, senza pensiero, un amore che segue il gesto che la mente non controlla, un gesto sfuggito, come in una distrazione, sì, o come in un errore. La distrazione e l'errore.

Acque territoriali tra l'Isola d'Elba e la Corsica. Un peschereccio sta andando alla deriva. Nessuno alla guida. Sono stati segnalati sei uomini visibili a bordo da un elicottero che sorvolava quel tratto di mare. I sei uomini sono tutti sdraiati sul ponte. Sembrano privi di sensi. Pesci ancora vivi , fuori dalle reti, si agitano accanto ai corpi.

Eravamo caduti improvvisamente in un sonno profondo. Non ci accorgemmo di nulla, ci addormentammo uno dopo l'altro, senza motivo apparente. Fummo svegliati da una voce gracchiante. Subito io non realizzai cosa fosse quella voce e da dove provenisse. Poi, però, capii. Era la voce di un uomo che veniva da un megafono, non molto lontano dal nostro peschereccio, ma abbastanza lontano per essere amichevole. Mi alzai, anche qualcun altro si alzò. Alla fine tutti eravamo in piedi. Ci avvicinammo al parapetto dal lato da cui sentivamo provenire la voce. Vedemmo una motovedetta della Guardia Costiera. Era a circa 100 metri da noi.

“Mi sentite? Ripeto. Guardia Costiera. State bene? Avete feriti a bordo?”

Giacomo mi guardò stupito. Nessuno capiva perché fossero lì.

“Ma perché sono così distanti? Se temevano per noi, perché non si sono avvicinati, non sono saliti a bordo?”

“Non lo so, Giacomo. Non so nemmeno cosa è successo, e non sono tanto sicuro di dove ci troviamo.”

“Ripeto ancora la domanda: avete feriti a bordo?”

“Bisognerà rispondere, che dite?”

“Eh sì, bisognerà rispondere.”

“Mi sembri un po' rintronato.”

“Anche tu mi sembri un po' rintronato.”

“Allora rispondo io.”

“Allora rispondi tu.”

“Allora rispondo tu … cioè, no … allora rispondo io … Buongiorno... no, non abbiamo feriti a bordo, ma perché ce lo chiedete?”

“Un elicottero della Marina che ispezionava la zona ci ha segnalato che stavate andando alla deriva e che c'erano uomini privi di sensi sul ponte. State bene? Cosa è successo?”

“Non lo so ...”

“Come non lo sa?”

“Eh … non lo sappiamo. Ci siamo svegliati proprio adesso. Ma perché non vi accostate, così smetto di urlare?”

“Non possiamo. Non sappiamo se a bordo siete contagiosi.”

“Contagiosi? Ma di cosa?”

“Questo è ciò che verificheremo. Stiamo aspettando l'Unità Sanitaria attrezzata per le contaminazioni. Secondo i nostri calcoli, se siete andati alla deriva, state provenendo da una zona con fondale sospetto. “

“Un fondale sospetto?”

“Avete sentito parlare di navi con rifiuti tossici affondate a largo di questo tratto di mare?”

“Si, ma non proprio dove eravamo noi. Eppoi potrebbe essere pericoloso se si ha un contatto diretto con il rifiuto tossico, no? Perché pensate che possiamo essere contagiosi?”

“Non vi pare un po' strano quello che vi è successo? Bisogna accertare.”

“Avete sentito? Lo trovano strano.”

“Tutto questo casino per un colpo di sonno?”

“Si, un colpo di sonno! In verità è un po' strano. Che tutti ci si addormenti insieme? Sembra che qualcuno ci abbia dato un sonnifero.”

“La Sirena!”

“Ecco qua, quello fissato!”

In effetti l'Unità Sanitaria “attrezzata” arrivò, ma aspettammo circa un'ora prima di vederla all'orizzonte. Nel lasso di tempo dell'attesa, le due imbarcazioni andavano alla deriva, seguendo la corrente del mare e sembravano seguirsi senza dover correggere la rotta per restare vicine. Il mare ci trasportava, leggermente, quasi come una madre culla il bambino tra le braccia per addormentarlo. Ma non ci venne da dormire, questa volta.

“Ma tu come ti senti?”

“Io? Bene. Come dovrei sentirmi?”

“Non so, dopo questo strano sonno. Non è stato mica tutto normale.”

“Io non mi sono accorto nemmeno di avere dormito. Ma abbiamo dormito?”

“E allora cosa ci facevamo sdraiati a terra?”

“Io mi sento infreddolito.”

“Ma voi cosa ricordate prima che ci addormentassimo?”

“Dopo che la donna si è gettata di nuovo in mare, niente.”

“Niente, neanche io.”

“A me è la situazione che mi fa ricordare la volta che mi sbronzai, la prima volta che mi sbronzai, per l'esattezza. Avevo sedici anni, ad un certo punto, d'improvviso, mi trovai in un'altra dimensione. Non potevo più controllare i miei gesti, non avevo più potere di scelta. C'era qualcun altro che decideva per me, ma non ho mai capito chi fosse. Lo sto ancora cercando.”

“Ecco, sì, qualcosa di simile. Si, forse è successo questo, come se all'improvviso qualcuno prendesse il comando sul tuo corpo.”

“E hai sentito per caso anche la sua voce, che ti dava gli ordini?”

“La sua voce? Si, la sua voce … ma, ma era una voce di donna”

“La Sirena!”

“E' ovvio!”

“Quelle sono le Sirene di Ulisse, quelle che parlavano ed ammaliavano i marinai. Li trascinavano a sé eppoi se li pappavano.”

“Ma no, che pappavano, quello era Polifemo. Le Sirene ti facevano morire d'amore.”

“Ma insomma, questa voce femminile che hai sentito?”

“Si, diceva ...”

“Ulisse! Ulisse!”

“Ma no, dai. Diceva, 'Segui la via che non porta alla civiltà' … alla civiltà o alla cecità, no o alla città? Sapete che non ne sono sicuro?”

Non sentite che la mamma vi chiama? E’ là, è sempre stata là, ad aspettare che vi avvicinaste al bosco, nella notte violenta del vento, che fa cadere i rami secchi e che fa innalzare le foglie cadute. La mamma è tranquilla, sa che il vento cesserà appena la sequenza degli inganni avrà portato la regina sul re. Scacco al re che non ha più mobilità. Ma il re non muore, si salva cadendo dalla scacchiera. La mamma muove il pedone e l’alfiere si fa da parte, la torre incrocia la regina, il cavallo la segue docile. E’ sempre il re che comanda, non dimenticatelo, anche se non è più sulla scacchiera. Suoni che fanno tremare il vento, oppure è il suono del vento che fa tremare? Gli scacchi sono stati spazzati via, come le foglie, come i rami secchi, resta la mano della mamma che muove, muove ancora, i veri scacchi.

"Che fischio! Mi ha fischiato dentro l'orecchio! L'avete sentito quel fischio?"

"Quale fischio?"

"Un fischio assordante, per un attimo."

"No, nessun fischio."

"Eppure è strano che non l'abbiate sentito."

"Ma insomma, quella voce che hai sentito, allora cosa ha detto, civiltà, città, cecità?"

"Eh ... cerco di ricordarmi ... Ha detto, 'La verità … la verità è nel mondo che non si conosce. Conoscere è credere di guardare, credere di vivere, credere di fare la cosa giusta, così come ci hanno insegnato.”

“Ma allora non era una frase, era qualcosa di più.”

“E sembra che non abbia finito. Ascolta.”

“Il mondo appare davanti agli occhi rovesciati, che vedono il fuori per il dentro ed il dentro per il fuori. La verità è nel non conoscere ciò che abbiamo deciso di sperimentare, poiché la verità è una scoperta ogni giorno nuova.”

“Accidenti! Ma si sta ricordando tutto questo?”

“A me non sembra che stia ricordando. A me sembra che stia dicendo cose che gli vengono ora.”

“Ogni giorno è verità quando facciamo esperienza d’amore, quando gli occhi rovesciati vedono il mondo e non lo riconoscono, perché l’amore non può essere riconosciuto ma solo sperimentato senza sapere cosa sia.' ... Così ... così .... ha .... detto …"

“Hai sentito? Così ha detto.”

“Ma cosa, ma cosa? Non gliele ha mica dette prima queste parole, gliele ha dette adesso. Lui le ha sentite adesso!”

Luca aveva cercato di ricordare le parole udite. Aveva cercato di ricordare e dalla sua bocca erano venute fuori frasi che più che in un ricordo esistevano nel momento presente, sembravano dette per la prima volta e udite dopo essere state dette. Forse eravamo stati davvero contaminati.

“Il fischio, il fischio! Lui ha sentito il fischio, è vero? Il fischio, lo hai sentito anche tu?”

“No, io ho sentito solo queste parole.”

“Si, il fischio, ora ho capito tutto. Il fischio non era un fischio, erano parole, ecco cos'era. Frasi, frasi che entravano nel cervello, direttamente nel cervello.”

“Io invece non ho mica capito. Cosa vuoi dire?”

“Quando si parla che si fa? Si dicono frasi, queste frasi arrivano all'orecchio di chi ascolta e poi passano nella testa. Tu hai il tempo di capire e puoi rispondere, se vuoi. Invece no, quello che ho sentito non mi ha dato il tempo di capire, ho sentito e capito insieme. Mentre sentivo capivo, senza bisogno di pensarci.”

“Quindi non hai risposto?”

“E a chi rispondevo? Era dentro la testa. Rispondevo a me stesso?”

“Perché no? Non lo fai mai?”

“Si, sì, lo faccio, ma mica a una voce che non è la mia.”

“Magari era la tua e non l'hai riconosciuta.”

“Era la mia, dici?”

“E di chi altro?”

“Ehi, ragazzi! Guardate un po' là.”

“Oh, cazzo!”

“Per la miseria!”

“Oh, cazzo!”

La verità è nel mondo che non si conosce, aveva detto Luca poco prima. E in quel momento a tutti sembrò di non conoscere più niente, di non conoscere più la realtà, il tempo, lo spazio, la nostra vita. Non esisteva più un ricordo nella mia mente. Per un lungo attimo non ricordai niente. Non ricordai il mio nome, il nome delle persone che erano là insieme a me, il nome del peschereccio e perché io ero là. Per un lungo attimo non sono esistito. Guardavo e vedevo qualcosa che non conoscevo, come fosse la prima volta, come fosse per sempre. Cos'era la realtà, in quel momento? La realtà dovrebbe coincidere con gli attimi che si stanno vivendo, vera solo perché ne stiamo facendo l'esperienza. E noi, quale esperienza stavamo facendo? Tutto cominciò a squilibrarsi. Non c'erano più punti di riferimento. Non più realtà, non più memoria, forse solo illusione e verità in ciò che non si conosce.

“E questa cosa ci fa qui?”

“Ma non era scappata in mare?”

La donna era di nuovo lì, avvolta nella rete, quella rete che nessuno aveva tirato a bordo con lei dentro. Come era possibile tutto questo? Illusione? Realtà? Sogno? Forse eravamo ancora addormentati, era davvero tutto un sogno, un mio sogno?

.

Il Maresciallo Ammannati osservava attraverso il suo binocolo ciò che stava accadendo sul peschereccio, cento metri più in là. Accanto a lui il Sottocapo Martini, senza binocolo, ma in attesa di avere notizie dal Maresciallo.

Ammannati era ancora giovane, aveva 44 anni, alto, mentre Martini era più maturo, aveva superato da poco i 50, decisamente più basso. Non era mai riuscito a diventare sottufficiale, troppo da studiare, troppe regole, troppa burocrazia. Eppoi il comando logora, il potere distrugge. Lui era nato sul mare ed il mare lo conosceva per istinto, non perché aveva studiato Biologia Marina o Scienze dell'Organizzazione. Aveva imparato a conoscere le regole della natura ed aveva fatto esperienza di regole degli umani. Per lui, entrambe potevano essere previste ed al tempo stesso mostrarsi imprevedibili, cioè uscire dalle regole. Forse le regole non esistono, le leggi della natura sono assolutamente mutevoli sulla base di semplici movimenti costanti. L'unica costante è il mutamento, sosteneva Martini, ma c'era chi diceva che lo aveva letto da qualche parte, gli era piaciuto il concetto e se lo era fatto suo. Martini leggeva, leggeva molto di più di quanto si potesse pensare vedendolo nel contesto del suo lavoro.

Anche Ammannati aveva una certa cultura ed una certa esperienza. Prima di essere trasferito all'Isola d'Elba era stato assegnato in Puglia. Lì il contrabbando è assai praticato ed a volte era possibile avere scontri a fuoco. Lui ne aveva sostenuto uno, pochi colpi, però veri, quelli che se ti prendono possono ferirti o mandarti all'altro Mondo sul serio.

“Sta succedendo qualcosa di strano a bordo del peschereccio. Vedo un gran trambusto. Tutti si stanno agitando.”

“Ma per cosa, Maresciallo?”

“Ora sono tutti raggruppati e … Ma … tra loro c'è qualcuno che mi sembra senza vestiti, o comunque mezzo nudo. Si, vedo una gamba, un braccio … adesso si è girato, sì la schiena, ed è una schiena nuda.”

“Senza vestiti? Perché senza vestiti? Hanno forse verificato che dai vestiti arriva qualche minaccia?”

“E' possibile.”

“C'è qualcun altro che si sta spogliando?”

“No, no, vedo solo un corpo seminudo.”

“Ma quello nudo era già nudo o si è spogliato?”

“Non l'ho visto spogliarsi.”

“Allora se era già nudo, perché era nudo?”

“Martini, non lo so, non lo posso sapere.”

“Ma si muove? E' vivo, almeno?”

“Non vedo bene. Vedo solo che è in mezzo al gruppo e lo vedo di spalle. Ma poi perché non dovrebbe essere vivo?”

“Magari un cadavere trovato in mare.”

“E' in piedi, Martini. I cadaveri non stanno in piedi da soli.”

“Ma è in mezzo al gruppo, no? Sta in piedi da solo o lo stanno sostenendo?”

“In effetti … in effetti quello nudo sembra che lo stiano tenendo su a braccia. Si, è proprio così. Ecco, ora si vede meglio. Ah, accidenti, si sono chinati a terra.”

“E' un morto. Hanno un morto a bordo.”

“Nudo?”

“Lo hanno trovato già così, in mare.”

“L'elicottero che li ha segnalati non ha specificato di avere visto persone nude a bordo. Penso che se se ne fossero accorti, quelli dell'elicottero lo avrebbero accennato.”

“Potrebbero non averlo notato. Magari in quel momento era in coperta. Resta il fatto che bisognerebbe capire cosa stanno facendo a quel cadavere.”

“Se è un cadavere.”

“Anche se fosse vivo, è curioso che sia nudo in mezzo ad altri completamente vestiti. A meno che non giocassero al dottore ...”

“Martini, al dottore si gioca con le femmine.”

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EVENTI

Sirene con il mal di gola è anche Teatro d'Appartamento, una lettura animata eseguita dagli attori del Teatro Cinematico che interpretano alcuni estratti dal romanzo. Un evento che viene proposto per creare una situazione d'intrattenimento e di convivialità negli appartamenti di persone interessate ad offrire agli amici un piccolo spettacolo ed un'occasione d'incontro. Una nuova formula per intrattenere e stare insieme, una riscoperta della dimensione umana in luoghi amichevoli, una proposta per offrire cultura tascabile e praticabile ovunque ce n'è desiderio, un'occasione per fare nuovi incontri. Una formula per contribuire alla diffusione di quella cultura che propone nuove idee dal basso.

Gli attori (da sinistra a destra): Sara Romiti, Ferdinando Menditto, Elisa Minì,

Susanna Giannini, Vito Magni.

​

L'appartamento è di Alba Rosa Mastini e Luca de Silva, Firenze, Ottobre 2016.

Appartamento di Thorsten Kalke, Prato, 10 Dicembre 2016

​

Sara Romiti e Vito Magni

Susanna Giannini

Elisa Minì

Alcune delle 40 persone presenti

Fotografie di Leandro Giribaldi

SKETCH, Livorno, 29 gennaio 2017

Voci recitanti: Sara Romiti, Vito Magni, Susanna Giannini,
Ferdinando Menditto, Maria Chiara Carotenuto.

Teatro d'Appartamento

Appartamento di Libera Maglio e Marco Superti, Firenze, 25 Marzo 2017.
Voci recitanti: Sara Romiti, Vito Magni, Susanna Giannini, Maria Chiara Carotenuto, Alberto Lessio.

Torakiki Cat Cafè, Prato, 2 Aprile 2017

Voci recitanti: Susanna Giannini, Maria Chiara Carotenuto, Sara Romiti, Vito Magni, Alberto Lessio.

Foto: Alessandra Ricci

Foto: Monica Reis
Foto: Claudia Venturi
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